Dopo un breve intervento introduttivo di Giovanni Frazzica, Presidente dell’Associazione Culturale Mondonuoco, le relazioni sono state svolte dal Prof. Luigi D’Andrea, Docente di Diritto Costituzionale, Università di Messina; dal Prof. On. Maurizio Ballistreri, Comitato per il NO; dal Prof. Giovanni Moschella, Direttore Dipartimento Scienze Politiche e Giuridiche, Università di Messina e dal Sen. Avv. Enzo Palumbo, Coordinatore Comitato per il NO; le c conclusioni sono state affidate a Tonino Genovese, Segretario Generale Cisl Messina.
Ecco i primi quttro interventi di cui ci è pervenuta una sintesi: Prof. Giovanni Moschella:”L’attuale dibattito politico–istituzionale sulla riforma della Costituzione recentemente approvata dal Parlamento ci induce ad alcune brevi considerazioni sia di carattere metodologico che di merito. Sul piano metodologico, ci preme evidenziare come la riforma vada collocata ed esaminata in un’ottica di riflessione obiettiva, del tutto scevra, come invece avviene da parte di alcuni osservatori politici, ma ahimè anche di alcuni autorevoli costituzionalisti, da posizioni ideologicamente precostituite. Si ritiene, infatti, che la valutazione complessiva debba essere effettuata nel merito dell’articolato, in relazione agli obiettivi sistemici da perseguire e sulla base della condivisione o meno di tali obiettivi. Anche per tale ragione appare certamente poco lungimirante l’idea di personalizzare e/o politicizzare la questione legando addirittura la permanenza del Governo all’esito del procedimento referendario, così come appaiono del tutto fuorvianti le posizioni di coloro che, apoditticamente, sostengono che la riforma produca non una revisione, pur profonda del testo del 1948, ma addirittura una rottura della stessa Costituzione che esporrebbe a rischi profondi la democrazia italiana fino a sospingere le istituzioni repubblicane verso una deriva di tipo autoritaria. Peraltro, anche alcune delle motivazioni poste a fondamento della riforma (l’ esigenza di una riduzione dei parlamentari per abbattere i costi della politica) alterano il quadro interpretativo in quanto sembrano più rispondere alle spinte populistiche e demagogiche che avanzano nel Paese. . Sul piano dei contenuti Il punctum crucis ci sembra, debba essere ricondotto alla configurazione della forma di governo, quale risulta non certo dalla revisione formale della Costituzione, che in vero nulla dice in proposito, ma dall’ incidenza della riforma elettorale sull’equilibrio dei rapporti tra gli organi di indirizzo politico. La contaminatio tra riforma del sistema elettorale di tipo maggioritario (con premio del 55% dei seggi attribuito alla lista che consegue il maggior numero di voti) e le disposizioni della riforma costituzionale, ridisegna la nostra forma di governo incentrandola sul ruolo del Premier e della maggioranza parlamentare (identificata in un solo partito). Nel contempo viene messa in discussione la funzione di organo di garanzia, di impulso e di regolazione del corretto funzionamento del sistema politico-costituzionale riconosciuta al Capo dello Stato, dando luogo, senza alcuna modifica formale della Costituzione, al passaggio da una democrazia parlamentare ad una “democrazia di investitura”. Ciò detto, ferme restando le perplessità su una revisione non formalizzata della forma di governo, il modello adottato risponde, invero, a forme di razionalizzazione e di stabilizzazione dell’esecutivo invalse, ad esempio, nel sistema tedesco o nel modello britannico, alle quali per anni costituzionalisti e osservatori politici ed istituzionali si sono ispirati al fine di garantire al sistema italiano la transizione da un sistema “bloccato” ad un sistema “compiuto” di democrazia. La finalità è quella di costituire nel Paese e negli organi istituzionali una maggioranza che governi contrapposta ad una opposizione che svolga la sua funzione di controllo, facilitando così la stabilità degli esecutivi, la possibilità di ricambio della classe di governo e il pieno svolgimento del principio della responsabilità politica e del controllo da parte dei cittadini/elettori sui rappresentanti e sugli organi rappresentativi. E’ su questi temi, sulla condivisione o meno di tali obiettivi che i cittadini sono chiamati a pronunciarsi”. Sen. Avv. Enzo Palumbo:”Il mio NO alla riforma costituzionale Renzi-Boschi riguarda essenzialmente il merito, e non ne faccio necessariamente discendere alcuna conseguenza sul piano del governo del Paese. E si basa su alcune motivazioni di assoluta semplicità:
- perchéquesta riforma è stata fatta da un Parlamento nominato dai vertici di partito con una legge (il c. d. “porcellum”) dichiarata parzialmente incostituzionale dalla Consulta;
- perché è stata fatta sotto il costante ricatto di nuove elezioni, nelle quali i parlamentari, essendo stati nominati, erano certi di non riuscire ad essere eletti con la legge elettorale confezionata dalla Consulta (il c. d. “consultellum”);
- perchéè una riforma confusa e pasticciata, che non riesce a conseguire nessuno degli obiettivi ostentati di semplificazione, accelerazione e risparmio;
- perché invece consegue lo scopo non dichiarato di trasformare surrettiziamente la nostra democrazia, da parlamentare a governativa;
- perché, in combinato disposto con la legge elettorale “italicum” mette il Paese nelle mani di una sola persona, oggi Renzi, domani chi sa chi”.
On. Maurizio Ballistreri
- Sintesi dell’intervento dell’on. prof. Maurizio Ballisteri, Comitato per il NoNel corso del suo intervento il prof. Maurizio Ballistreri dell’Università di Messina, del Comitato per il No, ha evidenziato come la riforma costituzionale “Boschi-Renzi” “sia sbagliata nel metodo e nel merito. Sul primo versante perché espressione di una radicale divisione di un Parlamento, a sua volta eletto con una legge elettorale che la Consulta ha dichiarato parzialmente incostituzionale e, quindi, in grado di esprimere solo un potere affievolito che non può intervenire sulla nostra Carta fondamentale; sul secondo perché adotta un modello che non ha riscontri nel panorama comparato delle democrazie occidentali, poichè né presidenzialista né fondato sul premierato, ma che, comunque, supera il parlamentarismo, pur non cancellando il bicameralismo, anzi foriero di possibili conflitti di attribuzione tra Camera e Senato, senza alcun significativo taglio ai cosiddetti “costi della politica”. Secondo l’ex deputato regionale la riforma costituzionale oggetto del referendum, si tradurrà in un “pericoloso plebiscito sulla figura del presidente del Consiglio, e l’ostinazione con cui è stata voluta è conseguenza della volontà di introdurre per Costituzione, sul piano politologico, il primato del mercato e dell’economia sulla politica espressiva della sovranità popolare, spostando il baricentro dell’equilibrio dei poteri verso il governo, anche grazie ad una riforma elettorale che esalta una sorta di “dittatura della minoranza”, con un rapporto diretto con le tendenze autoritarie contenute nelle teorie dello “stato di eccezione” di Carl Schmitt”.ll Prof. Luigi D’Andrea ha tra l’altro detto:” Il referendum costituzionale che verrà celebrato probabilmente nel prossimo mese di ottobre sottoporrà al giudizio degli elettori un testo di revisione costituzionale notevolmente articolato, che modifica circa un terzo delle disposizioni contenute nella Parte seconda della Costituzione. pur non mancando di elementi di criticità, i quali potranno tuttavia essere positivamente risolti in sede di attuazione legislativa e regolamentare (oltre che politica), mi sembra che esso meriti di essere complessivamente approvato dal corpo elettorale, in quanto modifica l’assetto del Senato ponendo la nostra seconda Camera in linea con le altre Camere analoghe presenti negli ordinamenti europei, configurandola come sede di raccordo tra lo Stato e le istituzioni territoriali (Regioni e Comuni), e semplifica il circuito di indirizzo politico, mantenendo il rapporto fiduciario tra il Governo e la sola Camera dei deputati (espressione diretta del popolo sovrano). Quanto al procedimento legislativo, rimane un’area di legislazione bicamerale, mentre con riferimento alle altre leggi prevale la volontà della Camera dei deputati, potendo il Senato soltanto proporre proposte emendative. Nel complesso, risulta un assetto organizzativo dei poteri pubblici semplificato e più in linea con il principio di autonomia territoriale”. l’intervento conclusivo dei lavori è stato quello di Tonino Genovese, che ha cosi sintetizzato la posiziione della suo Organizzazione:“Nel referendum ci sono implicazioni politiche, sociali, economiche, amministrative. Abbiamo voluto capire quali sono le conseguenze possa avere il risultato del referendum per il mondo del lavoro che rappresentiamo».
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Erano presenti in sala numerose personalità del mondo della cultura e del volontariato messinese tra cui Federico Martino, Mariella Crisafulli, Angela Rizzo, Pippo Pracanica e Bruno Zecchetto.