editoriale

L’editoriale

iamo vivi: è l’unica buona notizia.

E non è banale, visto che – come dal Consiglio Europeo ha voluto ricordare Tusk – “ciò che non è riuscito a farti morire… ti rende più forte”.

L’attacco al Sistema che questo giornale – attraverso le sue notizie, i suoi approfondimenti e le sue rubriche – aveva costantemente anticipato e analizzato per tutto l’anno, è andato a segno: trovando nell’ex presidente inglese David Cameron l’anello che, dall’interno, l’ha reso possibile.

A molti di noi ancora non sembra vero, ma è successo: il Regno Unito ha votato Brexit. Dunque il progetto d’Europa – sognato e costruito dai nostri padri, e su cui ha poggiato la stabilità dell’Occidente dopo la seconda guerra mondiale – si è perduto.

Cari lettori questo è qualcosa che vi riguarda: riguarda la vostra vita quotidiana, riguarda il vostro futuro, vi riguarda più di un attentato terroristico. E, prima di esultare come ignoranti, per cortesia rendetevi conto di questo.

Chi mi legge sa che – da queste colonne – sono sempre stato critico nei confronti dell’Europa: l’euro ha disgregato l’armonia tra di noi, come quando tra gli amici s’innesta una questione di soldi e – se non si è amici veri – si spezza qualcosa.

Chi ha più soldi si è messo a fare la voce grossa nei confronti degli altri, e gli altri hanno risposto in malo modo: come quelle dinamiche conosciute a qualunque gruppo sociale sin da quando – in pizzeria – un amico aveva pagato di meno, e l’altro di più pur non bevendo il vino.

L’euro non funzionava: ci ha impoveriti, ci ha incattiviti, e ha reso l’Europa un incastrarsi di regole sterili. E così abbiamo dimenticato che i libri di storia non fossero più funestati da due millenni di guerre fratricide fra noi europei: abbiamo dimenticato la grandezza epocale del progetto d’Europa sognato e costruito dai nostri padri, un progetto di pace.

L’abbiamo dimenticato: perché ci siamo concentrati solo su chi pagava un euro in più, su chi pagava un euro in meno, su chi l’euro non l’aveva e aveva la sterlina, sulle percentuali delle borse, gli accordi commerciali, e quanto devo darti affinché tu mi aiuti coi migranti, e quanto dobbiamo dare alla Turchia et cetera: l’antica e catastrofica questione dei trenta denari.

Parlo di queste cose da – ormai – anni. Parliamo di queste cose con Gonni. Parliamo di queste cose col Senso di quello che Facciamo, e con gli Storify. Ne parliamo persino col calcio di Nicoli, perché anche il calcio è un grande coagulante sociale. Questo giornale parla di queste cose da – ormai – anni: ma Bruxelles, la Merkel e i gruppi di veto che li tengono lì non sono stati a sentire.
Presuntuosamente abbiamo permesso al nemico di colpire.

L’inetto Cameron (che non è stato fermato né da Sua Maestà, né da nessun altro) si è fatto convincere dalle sirene, promettendo il referendum durante la campagna elettorale.

Devo ricordarvi che – nella Costituzione Italiana – è categoricamente proibito indire dei referendum su temi che riguardano l’economia e i trattati globali.

Perché i padri costituenti consideravano ingiusto che il popolo, necessariamente non specializzato nell’economia, necessariamente non specializzato negli affari globali, giudicasse non avendone gli strumenti: è responsabilità dei governanti giudicare queste cose.

Ma l’inetto Cameron si è fatto convincere dalle sirene, promettendo il referendum che – dalla Costituzione Inglese – proibito non è. Questa è l’altra faccia della democrazia: l’anarchia, il non-senso, il voto sulla simpatia e l’antipatia, l’ossequio alle stupidaggini di Farage, che parla d’Indipendence Day citando malamente la grande guerra d’indipendenza degli americani proprio contro il Regno Unito. E’ terribile.

Il conservatore Johnson, che ha fatto campagna per la Brexit, non immaginava di vincere: oggi era imbarazzato nell’esultare. Il nostro Beppe Grillo, per quanto sia un comico e il populista d’Italia, non se l’è sentita di esultare dinanzi a questo scempio. E sono molto contento dell’intelligenza dimostrata in questo caso (e che speriamo tenga) di Beppe Grillo.

Come avevo notato mesi fa parlando a proposito della mia generazione, i giovani hanno votato Europa, e non Brexit. Questo è positivo.
Perché tutto questo è così grave…?

Perché cade l’impalcatura su cui abbiamo poggiato la pace degli ultimi settant’anni. Perché cade l’impalcatura su cui abbiamo poggiato il benessere.

Sì, lo so che la parola benessere non è politicamente corretta. Lo so che tra voi c’è chi non giunge alla fine del mese, o chi vorrebbe comunque di più. Lo so e avete il diritto di lamentarvi. Ma io dico fieramente, con forza, che noi europei – rispetto agli africani – viviamo nella pace. Noi europei – rispetto agli africani – viviamo nel benessere. Noi diamo per scontati sia la pace sia il benessere, ci lamentiamo sempre: ma dobbiamo ricordarcene.

Ora che la pace, ora che il benessere, non sono più garantiti.

E mi auguro con tutto il cuore che una quadra si trovi. Mi auguro con tutto il cuore che l’Europa rimanga in piedi. Mi auguro con tutto il cuore che la Storia, come sempre, si ritrovi. Mi auguro con tutto il cuore di poter dire che non siamo affatto morti, e che anzi tutto questo ci ha reso più forti e consapevoli.

Anzi: sono sicuro che sarà così.

Ma non so che cosa vi sarà in mezzo.
Cari lettori, so che la Storia si metterà nel posto giusto, ma non so che cosa ci sarà tra questo giorno e quel giorno. Abbiamo bruciato miliardi nel giro di uno dei giorni più drammatici nella storia della borsa. Ci accingiamo a vivere l’elezione in Spagna, e sono contento che i Podemos – populisti di Spagna – come Grillo si siano dissociati dalla Brexit di Farage, e da Le Pen che invece – in Francia – propone la Frexit.

C’è una crisi economica latente, che verrà inevitabilmente acuita da questi fatti, e che porterà la Cina, la Russia e il mondo arabo a poter prendere il sopravvento: soprattutto se – dopo la Brexit – dovessimo sorbirci pure Trump.

Noi, da questo giornale, possiamo accettare l’esperienza nuova della Raggi sindaco di Roma, possiamo accettare l’esperienza nuova della Spagna dei Podemos, possiamo accettare lo stesso Tsipras che l’anno scorso, in Grecia, era riuscito a mostrare a un certo punto della ragionevolezza. Ma – cari lettori – la Brexit e la Frexit credete davvero possano risolvere la vostra vita? Credete davvero che Donald Trump sia più affidabile della Clinton?

Tuttavia, come ho detto dall’inizio e da sempre, il Potere deve capire quali sono le proprie mancanze: perché questi movimenti sono avanzati a tal punto.

So che la Storia si metterà nel posto giusto, ma non so che cosa ci sarà tra questo giorno e quel giorno. Abbiamo bruciato miliardi, e questo è soltanto l’inizio. Il crollo delle borse, purtroppo, dovrà portare con sé una serie di contraccolpi – che si uniranno ai contraccolpi della politica di cui vi ho sin qui parlato (e a cui spero non si uniscano, appunto, né Grillo né i Podemos).

Non so cosa ci sarà tra questo venerdì e il giorno in cui la Storia si sarà messa nel posto giusto.

Forse il popolo inglese, non solo quello scozzese o irlandese del nord, si rende conto solo adesso.

Qualcuno si chiede che senso abbia, oggi, parlare in inglese come lingua comune: ma credo non sia un problema di lingua, bensì di linguaggio.

Noi sognatori, noi costruttori della cittadinanza del domani, una soluzione ce l’avremmo: gli Stati Uniti d’Europa. Ma prima è assolutamente necessario trovare il tempo di ragionare su noi stessi, di ragionare sui nostri errori, di ragionare sul valore dei soldi contrapposto a quello della speranza, di ragionare sul valore della convivenza, di ragionare sulla vera pace, sul vero benessere, sul futuro delle generazioni.


Salvatore Todaro

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