Il futuro alle spalle di Cosimo Recupero
La politica italiana ha vissuto, in questo fine settimana, forse una delle stagioni più intense della storia recente.
A sinistra nasce un nuovo movimento, Sinistra Italiana, che dovrebbe raccogliere gli scontenti del PD ma che, però, cede subito pezzi, con Arturo Scotto che, praticamente, aderisce alla nuova sigla solo per potersene andare subito a tempo di record. A destra si riuniscono in un club privè di nostalgici del fascismo intorno a personaggi che fanno profumo di lavanda (politicamente parlando) come Storace e Alemanno.
Il tutto in un quadro nel quale gli elettori sono sempre più disorientati, al punto da non poter contare nemmeno più su una sigla di protesta come il M5S che annaspa fra scandalucci e prove di incapacità amministrativa sempre più evidenti.
Ma il partito che sta giocando più pericolosamente è il PD. La scissione di domenica non è tanto il male che affligge il partito più importante della scena politica italiana, ma il suo sintomo. Le spaccature interne, ostentate come in un incontro di pugilato dai Renziani e dai suoi avversari persino in diretta streaming, sono la prova che né gli uni né gli altri hanno capito quale sia la posta in gioco, facendo entrambe lo stesso errore. Renzi da un lato e la fronda guidata dalle promesse del calcio D’Alema e Bersani dall’altro, pensano che il PD sia titolare di una sorta di tesoretto elettorale inattaccabile, granitico, al di sotto del quale sia impossibile scendere, e lottano fra loro per accaparrarselo. I fuoriusciti però sono in una posizione di forza, anche se pure loro stanno giocando un azzardo. Infatti, lasciando il PD, la minoranza interna potrà dimostrare che il proprio apporto, in termini di voti, è determinante per permettere a questo partito, o a ciò che ne resta, di essere maggioranza relativa nel Paese.
Al contrario, Renzi, seppur assiso sulla poltrona di segretario nazionale, ancorché dimissionario, è fragilissimo a sa che questa è la sua ultima chance per tornare in sella e tentare la sortita alle prossime elezioni politiche. Ma il gioco è davvero da folli. E’ come lanciarsi con il paracadute senza nemmeno sapere come si fa a farlo aprire.
L’errore che entrambi stanno facendo è non capire che il partito perde drammaticamente consenso nel territorio giorno per giorno, inesorabilmente.
Renzi si fa forte dei numeri che ha negli organi interni del partito, senza rendersi conto che, nella maggior parte dei casi, i suoi supporters sono solo degli yesmen messi lì da lui; gente senza apparati sul territorio e quindi senza voti. L’ex premier non si rende conto di essere il generale di un esercito i cui i colonnelli, pur essendo dalla sua parte, non hanno truppe sul territorio.
Come ho avuto modo di scrivere qualche tempo fa, il grande errore di Renzi è stato quello di svuotare il partito, commissariandolo qua e là al solo scopo di zittire la fronda interna; ma con questa strategia non si è reso conto di aver inaridito la struttura e di non avere più nessuno sul territorio a tirargli la volata.
Oggi pensa che l’addio dei dissidenti possa essere il pretesto per staccare la spina a Gentiloni e chiedere elezioni subito, ma dimentica che sulla sua strada c’è Mattarella che invece vuole andare a votare a scadenza e cioè nel 2018. Lo dimentica, così come ha dimenticato le sconfitte al referendum trivelle, tecnicamente vinto ma politicamente perso, le amministrative e il referendum costituzionale. Lui va avanti per la sua strada e, ogni volta che trova un ostacolo, consuma una quantità immane di energia politica per rimuoverlo, fino a bruciare pezzi di partito per ottenere l’unica cosa che gli interessa realmente: restare al potere.
In questo suo folle disegno dimentica anche Berlusconi. La spaccatura del PD, che lui considera il modo per liberarsi di fastidiosi contraddittori interni, renderà il PD non più il primo partito nei sondaggi, ma il secondo. Questo faciliterà il percorso verso l’approvazione di una legge elettorale proporzionale che tolga il premio di maggioranza o, se non altro, lo riconosca alla coalizione vincente e non alla lista, per evitare di facilitare il compito ai grillini che, per il momento, se lo stanno complicando da soli.
Ma con un proporzionale puro o con un premio di maggioranza alla coalizione, Renzi non sarà di certo in grado governare da solo come sogna di fare e, forse, non avrà nemmeno la possibilità di governare affatto, dovendo a quel punto cedere il passo ad un personaggio più accomodante come potrebbe essere, ad esempio, lo stesso Gentiloni.
La partita è aperta, insomma, e Renzi si sta giocando il tutto per tutto. Le premesse, però, sono tutte per una grave frantumazione del centrosinistra che sarà ricomponibile nell’unico modo possibile al momento, e cioè con la creazione di una federazione che tenga unite le varie anime senza obbligarle a indossare la stessa casacca. Un ritorno al passato? Forse. Un ritorno alla politica, sicuramente. Il futuro è alle nostre spalle.