economia

Eni, filiera agroindustriale come leva per trasporti green

Eni, la filiera agroindustriale come leva per trasporti green di Ce.Do. , tratto da il sole24ore

5 ottobre 2023

(Murilo - stock.adobe.com)

Per capire quali sono le nuove leve di Eni per accelerare la decarbonizzazione del settore dei trasporti, bisogna riavvolgere il nastro fino a metà ottobre dello scorso anno quando dal porto di Mombasa, in Kenya, è partito il primo cargo di olio vegetale per la bioraffinazione prodotto nel Paese africano dal gruppo guidato da Claudio Descalzi e diretto alla bioraffineria di Gela: 2.500 tonnellate entro la fine del 2022 per poi salire rapidamente a 20mila tonnellate nel 2023.

L’olio vegetale è prodotto nell’agri-hub di Makueni, l’impianto inaugurato a luglio 2022 dall’Eni, dove avviene la spremitura di sementi di ricino, di croton e di cotone. Si tratta di agri-feedstock (materie prime agricole) non in competizione con la filiera alimentare, coltivati in aree degradate, raccolti da alberi spontanei o derivanti dalla valorizzazione di sottoprodotti agricoli, in modo da offrire opportunità di reddito e accesso al mercato a migliaia di agricoltori. Nel centro, si producono poi anche mangimi e biofertilizzanti, derivati dalla componente proteica dei semi, a beneficio delle produzioni zootecniche, contribuendo così alla sicurezza alimentare. Senza contare che la filiera e tutti gli agri-feedstock sviluppati in Kenya sono stati certificati secondo lo schema di sostenibilità Iscc-Eu (International Sustainability and Carbon Certification), uno dei principali standard volontari riconosciuti dalla Commissione europea per la certificazione di biocarburanti. Eni è stata così la prima azienda al mondo a certificare il ricino e il croton e a consentire a un cotonificio africano di raggiungere un simile traguardo.

«Stiamo sviluppando un innovativo modello di integrazione verticale alle bioraffinerie, con importanti ricadute socio-economiche sulle comunità rurali e benefici ambientali per i territori in cui lavoriamo – spiega al Sole 24 Ore il direttore Ccus, Forestry e Agri-Feedstock di Eni, Luigi Ciarrocchi -. In Kenya collaboriamo con circa oltre 40mila agricoltori, che saliranno a circa 80mila entro dicembre 2023, per produrre la materia prima da cui estrarre l’olio vegetale, che poi viene valorizzato in Italia nelle bio-raffinerie di Gela e Marghera. Così garantiamo reddito addizionale e accesso al mercato agli agricoltori, assicurando il diritto di accesso alla terra. Al tempo stesso, stabilizziamo e riduciamo l’esposizione al rischio per una parte significativa dei volumi di feedstock necessari, in uno scenario particolarmente volatile sia in termini di prezzi che di disponibilità di materia prima». Un risultato raggiunto, prosegue Ciarrocchi, «grazie al nostro modello di business che, da un lato, ci permette di controllare tutta la filiera industriale, dagli stabilimenti che lavorano i semi oleaginosi (agri-hub) alla bioraffineria e, dall’altro, di supportare e monitorare l’attività degli agricoltori, promuovendo le migliori pratiche agricole nelle fasi di coltivazione».

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Il Kenya ha fatto da apripista per le iniziative di Eni nella catena agro-industriale che, al momento, includono anche Congo, Mozambico, Angola, Costa d’Avorio, Ruanda e Kazakistan. Dal Kenya l’export di olio vegetale, avviato nel 2022, prosegue in modo costante e presto aumenterà. Infatti, oltre all’agri-hub di Makueni, Eni inaugurerà entro la fine del 2023 un secondo agri-hub nei pressi di Mombasa con una capacità di lavorazione ancora più elevata. Nel 2024 Eni in Kenya raggiungerà una capacità di lavorazione di 70mila tonnellate all’anno di olio vegetale, che scalerà a 200mila tonnellate all’anno nel 2026 a mano a mano che saranno aperti gli altri agri-hub.

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