“Alice, la grande artista emiliano-romagnola, al Teatro Regio di Parma, fa rivivere il genio siciliano di Franco Battiato” di Patrizia Zangla
“E il mio Maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”, le parole di
Prospettiva Nevski sembra siano la traiettoria del Live tour 2023 di Alice che canta Battiato
sul prestigioso palco del Teatro Regio di Parma.
Un palco nudo, illuminato solo dalle luci, in cui l’artista -accompagnata da Carlo Guaitoli
al pianoforte e al violoncello da Chiara Trentin- ha alternato nuovi brani, tratti dall’album
come Da Oriente a Occidente e Sui giardini della preesistenza, ad altri del suo repertorio live e
discografico.
Pura emozione che ha preso vita e si è intensificata con la personalità vocale unica di
Alice che si è fatta strumento della musica e della poesia di Franco Battiato senza tuttavia mai
perdere la propria personalissima presenza scenica.
Ogni canzone -chiamarle tali è impreciso e riduttivo- ha fatto tornare a vibrare sul palco
l’anima sensibile di Battiato, con le sue canzoni dall’incipit inconfondibile e travolgente
per possenza e intensità, risultato del lavoro di sperimentazione musicale di Battiato e
del maestro e violinista, suo storico collaboratore Giusto Pio, insieme hanno firmato
capolavori di straordinaria innovazione musicale coniugando la ricerca del suono –
recuperando i suoni dell’universo- alla musica popolare, donandola poi al pubblico che
l’ha fatta sua e l’ha amata e l’ama tuttora. Entrambi interessati alla ricerca spirituale, la
stessa divenuta cifra connotativa dell’artista siciliano.
Alice ha proposto canzoni dei diversi periodi compositivi di Battiato, anche quelle scritte
per lei, come l’ultima, “Veleni”: “ Si può essere felici in questa Vita in questo mondo
Dove guerre e ingiustizie entrano in noi. Riconoscersi è la chiave che Aprirà qualunque porta… Veleni,
veleni… Quando la terrà si dissolverà saremo liberi”.
Col suo incedere elegante, ha ricordato nelle movenze il Battiato che scuote le coscienze,
Alice ha cantato “Povera Patria” tratta dall’album “Come un cammello in una grondaia”,
canto dolente: “Povera patria Schiacciata dagli abusi del potere
Di gente infame, che non sa cos’è il pudore
Si credono potenti e gli va bene …Questo Paese devastato dal dolore. Ma non vi danno un po’ di
dispiacere Quei corpi in terra senza più calore?”. Un capolavoro di realismo e dolore, che
alterna delusione a speranza nel futuro: “Che il mondo torni a quote più normali, Che possa
contemplare il cielo e i fiori, Che non si parli più di dittature. Non cambierà, non cambierà. Sì che
cambierà, vedrai che cambierà Si può sperare. Non tornerà, non ritornerà. Se avremo ancora un po’ da
vivere. La primavera intanto tarda ad arrivare”. Un testo profetico, senza tempo che diventa
sublime preghiera.
Alice ha scosso le profondità dell’essere mentre ha intonato “La cura” e quando ha
lasciato che a invadere l’anima fossero la bellezza e la speranza nell’Amore: “La stagione
dell’amore viene e va. I desideri non invecchiano quasi mai con l’età.
Se penso a come ho speso male il mio tempo. Che non tornerà, non ritornerà più .
La stagione dell’amore viene e va. All’improvviso senza accorgerti, la vivrai, ti sorprenderà.
E in quell’istante sembrava di risentire Battiato con la sua voce sottile sottile.
Amore che diventa anche canto delicato e struggente racchiuso in un Addio. Alice ha
proposto: “L’Addio”, brano stupendo e difficile che Battiato aveva scritto per
un’interprete sublime e prodigiosa come la palermitana -che troppo presto ci ha lasciati-
Giuni Russo dalla voce unica e potente e dall’estensione vocale ‘inumana’. Un brano in
cui i ricordi si confondono coi rimpianti, reso da Alice intenso fino alla commozione:
“Gli idrogeno nel mare dell’oblio”, “nell’aria curva dall’obliquità”. Le evoluzioni delle rondini
con le traiettorie esistenziali che convergono e divergono, e quelle atmosfere siciliane
che Battiato lascia scivolare all’improvviso nel testo, la ragazza chiusa in casa dalla
famiglia e poi il verso: “Dietro alla stazione, sopra una corriera L’addio”. Lasciando andare
tutto, perché tutto si dissolve nel mare dell’oblio: “ Con te dietro la finestra guardavamo
Le rondini sfrecciare in alto in verticale.
Lungo strade di campagna. Stavamo bene.
Per orgoglio non dovevi Lasciarmi andare via, lasciarmi andare via.
Ogni tanto un aquilone Nell’aria curva dava obliquità a quel tempo
Che lascia andare via, che lascia andare via
Gli idrogeni nel mare dell’oblio”.
I mondi lontani, i mondi di sogni e i mondi di libertà, i mondi di passato e di presente
come nella canzone che Alice aveva presentato in duetto con Battiato all’Eurofestival nel
1984 “I treni di Tozeur”, espressione della voglia di tornare indietro per un istante.
Un concerto che è stato un crescendo di emozioni. Ogni canzone è stata apprezzata dal
pubblico che l’ha fatta sua applaudendola con immenso trasporto emotivo fino
all’epilogo in cui -richiamata dagli applausi, l’artista ha regalato i vecchi successi come
“Per Elisa “ e ha congedato i presenti con “L’era del cinghiale bianco” affinché si possa
volgere lo sguardo verso la costellazione del cinghiale bianco.
Il pubblico l’ha cantata insieme ad Alice, augurandosi l’era di un cinghiale bianco come la
mitica raffigurazione degli animali fantastici che aspira alla massima elevazione spirituale
al di sopra e al di là del potere e del tempo.
L’evento è inserito all’interno di “Anima”, 17a edizione de “Il rumore del lutto festival”,
organizzato da Segnali di vita aps con il Patrocinio di Comune di Parma, Complesso
Monumentale della Pilotta, Università di Parma, Università di Padova, Master Death
Studies. Al termine della serata, coi direttori artistici del Festival, Padre Guidalberto
Bormolini ha consegnato all’artista Alice il Premio “Segnali di vita” (nella foto).