primo piano

Italia, Paese politicamente anomalo e carente di sovranità

L’ITALIA, UN PAESE POLITICAMENTE ANOMALO E CARENTE DI SOVRANITA’ di Maurizio Ballistreri

Siamo un Paese politicamente anomalo e che mostra carenza di sovranità. E se qualcuno obietta che lo eravamo anche durante la divisione geopolitica in blocchi, si può rispondere che pur nella condizione di essere una sorta di marca di frontiera tra Est e Ovest, l’Italia trovò molte occasioni per ribadire la propria autonomia sullo scenario internazionale, si pensi alle strategie energetiche dell’Eni di Enrico Mattei tra la metà dei trascorsi anni ‘50 sino al 1962, o alla ferma posizione dell’allora premier socialista Bettino Craxi a Sigonella nel 1985: una sovranità limitata nell’ambito dell’Alleanza atlantica ma non azzerata.

Oggi, la classe politica ha abdicato ad esprimere linee di politica internazionale e non ha più alcuna sovranità economica, lungo quel percorso che negli anni Novanta del XX secolo ha portato alla destrutturazione del sistema delle partecipazioni statali, con privatizzazion in che hanno favorito il mercato italiano e gli investitori stranieri, e al vistoso declino della posizione italiana nella divisione internazionale del lavoro verso produzioni non più all’avanguardia.

Una delle cause è stata certamente l’introduzione dell’euro. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Giappone ad esempio, hanno come noi altissimi debiti pubblici e forti deficit rispetto al prodotto interno lordo ed un economia con seri problemi – gli Usa addirittura a rischio di default finanziario – ma possono creare nuova moneta per stimolare l’economia, poiché  le loro banche centrali sono controllate dal Tesoro e sono tenute a comperare i titoli del debito pubblico invenduti alle aste sul mercato primario, senza generare inflazione, poiché la moneta aggiunta viene assorbita dal pagamento degli interessi passivi e non si traduce in maggior domanda di beni e servizi rispetto alla produzione.

Anche l’Italia (con molti eccessi bisogna dire, allo scopo di finanziare un famelico Stato assistenziale fatto di clientele e sperperi) un tempo aveva un modello economico di questo tipo, ma a partire dal governo Ciampi del 1993, con ministro del Tesoro Beniamino Andreatta – dopo il “divorzio tra Bankitalia e Tesoro” del 1981 con gli stessi protagonisti – durante la grave emergenza politica ed economica generata da tangentopoli, si affidò, per finanziare il proprio debito pubblico, al mercato speculativo, con il risultato di: far schizzare verso l’alto i tassi d’interesse; raddoppiare in pochi anni dal 60% al 120% il rapporto debito/pil; rendersi condizionabile e ricattabile dagli speculatori finanziari e pagando a questi crescenti interessi sul debito; non poter stampare cartamoneta per spingere l’economia fuori dalla recessione; impoverire pensionati, disoccupati, lavoratori dipendenti, piccole e medie imprese, con la svalorizzazione del lavoro e la sua precarizzazione Politica durata sino ai giorni nostri, con la tappa fondamentale dell’introduzione della moneta unica il 1° gennaio 2002, utilizzata come “mazza ferrata” delle politiche di austerity.

Certo, si dirà che sono teorie sovraniste, come se il principio di sovranità (del popolo e non in chiave nazionalista), non fosse scritto nel secondo comma dell’art. 1 della nostra Costituzione, e che l’euro durante la pandemia è stato uno scudo per le economie europee, ma in quel periodo si è utilizzata la lungimirante strategia di forte espansione della base monetaria a fini anti-ciclo, voluta da Mario Draghi nel 2019 prima, quindi, del Covid-19: il “Quantitative Easing”.

Il risultato politico è sotto gli occhi tutti: governo e parlamento sono sostanzialmente esautorati dalle decisioni economiche, le cui linee sono dettate dal Fondo Monetario Internazionale, dall’Unione europea (egemonizzata dall’erede della “Cancelliera di ferro” tedesca Angela Merkel, Ursula von der Leyen), dalle agenzie di raiting e dalla Banca centrale europea, a sua volta guidata da Christine Lagarde, espressione degli interessi della finanza internazionale.

Last but not least, il nostro sistema politico continua ad essere anomalo, pur non essendoci più il “fattore k” (la presenza al tempo, a sinistra del più grande partito comunista dell’Occidente), rispetto a quello delle democrazie occidentali, senza la dialettica tradizionale tra socialdemocrazie e conservatori/popolari, ma imperniato su di un partito di destra ancora non liberale e con esponenti legati per taluni aspetti al culto del fascismo, Fratelli d’Italia, e a sinistra su di una forza politica ibrida, il Pd, frutto di un mix tra il sedicente “politicamente corretto”, la tutela dell’immigrazione senza regole, la scarsa attenzione ai diritti sociali, e un sistema costituzionale che, di conseguenza, ha subito, nei fatti, una profonda modificazione, con la “presidenzializzazione” della figura del Capo dello Stato, costretto a supplire all’inadeguatezza del ceto politico italiano.

E, purtroppo, non si vede all’orizzonte una prospettiva migliore per il Paese e i suoi cittadini.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *