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Sturniolo interviene sull’incombente dissesto del Comune

Gino Sturniolo interviene sull’incombente dissesto del Comune di Messina

Adesso che abbiamo letto la Relazione della Corte dei Conti possiamo dirlo che il risanamento finanziario del Comune di Messina è solo narrazione?

Nella terminologia utilizzata nella Relazione della Corte dei Conti sul Piano di Riequilibrio del Comune di Messina si riscontra una generale sensazione di approssimazione. C’è disordine “in merito all’individuazione del completo perimetro dei debiti fuori bilancio da riconoscere e finanziare”. Si parla di una confusa esposizione “nel prospetto analitico articolato per le singole posizioni debitorie”. Sono considerate “aleatorie” le entrate derivanti dalle riscossioni dei tributi. Sono considerate “apodittiche” (senza, cioè, prove di fatto) le rilevazioni di imponenti risparmi che riducono il debito. Da una parte vengono citati i 12.500 creditori e poi vengono segnalati, sembra quasi con ironia“, un numero inferiore di accordi riconducibili a complessivi n. 1.197 poste debitorie”. Sono solo alcuni esempi, ma che sembrerebbero fare a pugni con la tanto autocelebrata competenza da parte di De Luca e gli entusiasmi post incontro con i magistrati contabili. “De Luca il Sindaco lo sa fare” è stato lo slogan, non solo di una campagna elettorale, ma di una sindacatura. Di questo, ad un certo punto, si deve dar conto.

La Relazione, però, è imponente (103 pagine) e densa di elementi di criticità. Andrà studiata nel dettaglio, ma alcune questioni risaltano subito, forse perché già segnalate, almeno in parte, da chi ha messo in discussione l’abbattimento del debito da 550 milioni di euro a 155 (così è stata lanciata la campagna elettorale di Basile). Ad esempio, il fatto che bisognava dire dove venivano appostate le somme con le quali si pagavano le rate annuali dei creditori che avevano optato per piani di rientro. E, infatti, la Corte dei Conti dice che questa somma (52.512.101,18 di euro) avrebbe dovuto essere inserita nel Piano. In questo modo i Debiti Fuori Bilancio lett. a) (con sentenze definitive) sarebbero diventati 78 milioni di euro circa e non 25 come scritto nella rimodulazione del 2022. A questi, poi, avrebbero dovuto essere aggiunti gli oltre 19 milioni di euro emersi post rimodulazione. Per arrivare, così, ad una cifra superiore ai 97 milioni, distanti, molto distanti, dai 25.591.130,93 registrati nel Piano.

Interessante è poi tutta la parte riguardante il credito di 14.637.604,62 rivendicato da ATOMe3 nei confronti del Comune. Su questo argomento l’ente ha ritenuto, da una parte, che era stato ATOMe3 a non organizzare il proprio piano sulla base degli stanziamenti del Comune e, dall’altro, che il Comune non deve farvi fronte in virtù del divieto di soccorso finanziario. Si tratta, in generale, del tema dei debiti e delle perdite delle Società partecipate che sono stati espunti tout court dal Piano di Riequilibrio. Su questo la Corte dei Conti chiarisce che se alla prima impressione la decisione può essere non priva di fondamento, tuttavia “manca una congrua e ragionevole previsione del rischio di soccombenza, con il relativo accantonamento nel fondo contenzioso del rendiconto 2021”. E quante volte è stata segnalata la necessità di un fondo contenzioso sufficiente a tenere al sicuro dal rischio di soccombenza per queste fattispecie che prima erano inserite nel Piano di Riequilibrio?

Un’altra criticità che, in qualche modo, era già stata parte della discussione sul Piano di Riequilibrio? La riduzione del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità all’aumentare dei residui attivi. La corsa all’aumento degli accertamenti, che dà la sensazione di un incremento esponenziale delle entrate, paradossalmente espone gli enti, sulla base delle regole contabili vigenti, ad ingessare i bilanci attraverso gli accantonamenti al Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità. E’ un tema che lo stesso De Luca ha segnalato nei libri in cui ogni anno spiegava i bilanci. La Corte dei Conti rileva, invece, che mentre i residui attivi aumentano tra il 2019 e il 2021 da 207 a 222 milioni di euro il FCDE, che nel 2020 era arrivato a 173 milioni, diminuisce nel 2021 a 170. La Corte segnala che secondo i principi contabili il FCDE avrebbe dovuto essere di 179 milioni di euro.

Sono solo alcune delle criticità evidenziate dalla Corte dei Conti. Bisognerà approfondire tutte le altre parti, ma ciò che conta è che siamo di fronte all’eterno ritorno della stessa condizione. A distanza di oltre 10 anni dall’inizio della vicenda del Piano di Riequilibrio siamo ancora al punto di partenza, con le amministrazioni che provano a dare la sensazione del riordino delle questioni contabili e la Corte che smonta la narrazione da loro costruita. Con De Luca, evidentemente, questa narrazione ha raggiunto l’apice e aveva finito per convincere tante persone. I fatti sembrano dire, invece, che, nelle condizioni date, il Comune non è nelle condizioni di uscire dallo stato di debolezza contabile in cui si trova e non è nelle condizioni di farlo poiché la rigidità dei vincoli contabili non è sostenibile da una città fragile economicamente come Messina. Per questo sarebbe necessaria una soluzione politica, ma questa è difficile da rivendicare poiché la politica locale è dipendente dai partiti che ci hanno condotti in questa situazione e le amministrazioni non hanno la forza e il coraggio di farsi carico di questa battaglia. Così, mentre l’ente si aggroviglia tra un piano rimodulato e una strigliata della Corte dei Conti la città non riceve le risposte che meriterebbe.

  • nella foto Gino Sturniolo, ex Consigliere comunale e candidato a Sindaco alle ultime elezioni

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