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Equivoci assoluzione di Berlusconi al Ruby ter di Patrizia Zangla

Equivoci dell’assoluzione di Berlusconi al Ruby ter di Patrizia Zangla

La vicenda ci porta indietro di alcuni decenni. Sembra un mondo lontano che non ci appartiene oggi che il Governo è di destra e rappresentato da una donna.

Questa nuova verità processuale cambia il giudizio politico sulla vicenda e cambia il giudizio morale sulla intera stagione delle olgettine?

Andiamo per ordine: cosa significa ‘assoluzione piena’ al Ruby ter?

Riguarda molto di più dei comportamenti privati di Berlusconi divenuti pubblici -dato il suo ruolo di premier- che avevano fatto discutere e indignare.

È necessario un passo indietro ai processi Ruby e Ruby bis.

Allora Silvio Berlusconi è stato accusato e processato per aver richiesto alla questura di Milano -tramite telefonata- di rilasciare una minorenne fermata per furto, sostenendo fosse la nipote di Hosni Mubārak, presidente dell’Egitto: una richiesta di rilascio per impedire un incidente diplomatico con l’Egitto.

La ragazza di origine marocchina è Karima El Mahroug, dai media ribattezzata Ruby Rubacuori.

Ad occuparsi del rilascio si presenta in questura Nicole Minetti con la fantomatica qualifica di addetto ministeriale perché – per la legge – un minorenne viene rilasciato solo con l’avvallo di un maggiorenne. Fatto in sé che avvalora che Ruby sia minorenne.

Berlusconi è stato processato anche per un altro reato connesso: “induzione alla prostituzione minorile” perché per la legge chi fa sesso a pagamento con prostitute minorenni commette un reato. La sentenza che lo ha assolto ha stabilito che la prova che egli sapesse fosse minorenne è inutilizzabile.  

Nel processo Ruby ter l’accusa è di corruzione: Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari, vicenda che coinvolge nuovamente l’allora minorenne Ruby, ed è accusato di aver dato denaro ad alcune testimoni nei processi precedenti (Ruby e Ruby bis) perché dichiarassero il falso. 

Il presidente si era allora difeso definendo queste donazioni un atto di generosità per chi aveva avuto la sua vita sconvolta. 

Il tribunale ha deciso che le olgettine, come vennero chiamate dai media le giovani donne chiamate a testimoniare sulla sua presunta corruzione sono passibili si venir imputate in un processo connesso pertanto dovevano essere sentite dal tribunale con l’assistenza degli avvocati difensori, dal momento che non è avvenuto, la loro deposizione tecnicamente non può essere considerata prova del reato contestato. Si è venuto a creare un vizio di forma con la conseguenza di quello che l’opinione pubblica semplifica nell’espressione: “Berlusconi, assolto”.

Il problema è la distinzione che intercorre tra fatto esistente e reale – in quelle feste sono state pagate delle ragazze, di cui una minorenne- e la dimostrazione giuridica del fatto in sé, precisando sempre che quanto non può essere provato non è inesistente perché è avvenuto. E non dimenticando mai che verità giuridica e verità storica non necessariamente sono coincidenti.

In attesa delle motivazioni, sappiamo già che l’accusa ricorrerà in appello, aveva chiesto 6 anni di reclusione e una confisca di 11 milioni di euro. 

Andiamo alla seconda domanda: cambia il giudizio politico sulla vicenda e cambia il giudizio morale sulla stagione delle olgettine?

Non cambierebbe nulla se l’opinione si sforzasse di comprendere oltre il titolo semplificante di “Berlusconi assolto” caldeggiato da tanta stampa orientante, tuttavia, la nuova verità processuale consente a Berlusconi di perpetrare l’atteggiamento da vittima che ha sapientemente costruito: l’assoluzione lo redime, lo discolpa, e ancora di più gli offre il fianco per procedere all’attacco della Magistratura- vittima di un sistema giudiziario anomalo-, in realtà come sempre finalizzato a garantire i suoi interessi.

Assistiamo a un déjà vu, mentre il presidente procede nella sua deresponsabilizzazione nei confronti di quei fatti e di quelle ragazze, alcune delle quali minorenni, degli italiani e delle italiane, si autolegittima come perseguitato.

Berlusconi non ha modificato il suo comportamento e la sua tattica, mantenendosi ossimoricamente emblema della doppia morale come da rappresentazione plastica data dalla sua partecipazione ai Family Day e le sue “cene eleganti” a Villa San Martino.

Non è trascurabile che in Europa sia etichettato come mister Bunga Bunga, ma contro ogni logica, egli si erge a vittima mentre nella realtà dei fatti è un vecchio miliardario, potente, imprenditore, proprietario di squadre di calcio e di televisioni come Mediaset. E un politico potente.

Un ultimo aspetto. Dalla prospettiva del Governo e in particolar modo di Giorgia Meloni -che al tempo ha votato in Parlamento a favore di Berlusconi confermando che Ruby -Rubacuori fosse la nipote di Mubarak, agevola l’assoluzione ritirando la costituzione del Governo a parte civile al processo.

Meloni si configura come vera erede del berlusconismo.

Berlusconismo è stato definito il movimento di pensiero e fenomeno politico sociale e di costume nato con Silvio Berlusconi e col movimento politico da egli fondato poggiante su un populismo riadattato inteso come prassi politica che mira a rappresentare il popolo e le masse esaltandone contemporaneamente valori, desideri e frustrazioni, sentimenti collettivi o popolari, da intendersi come conseguenza di quella che è ritenuta l’anomalia italiana, ovvero  la concomitanza di fattori strutturali di criticità della vita italiana, dei suoi mali atavici nella politica e nell’economia (clientelismo, nepotismo, familismo, doppia morale etc.). 

Meloni sta inventando un nuovo sistema, il melonismo che incorpora il berlusconismo e si attua attraverso una duplice, efficace e abile, strategia mediatico-comunicativa di posizionamento e di diversivo. 

Di posizionamento che si esplica attraverso la creazione di un nemico culturale- i migranti , i poveri, le donne, le femministe, gli omosessuali, i transgender – per posizionare la propria parte come minoranza oppressa. Da sempre, nel gioco politico della Meloni, il vittimismo occupa un posto centrale come strategia scaltra che si serve della creazione di un ‘nemico’ in cui porsi come minoranza oppressa. La conseguenza è la creazione di guerre culturali per posizionare le presunte minoranze rappresentate dai media organici come in pericolo, oppresse e assediate. 

In quest’ottica rientra anche l’attuale santificazione meloniana, che si configura come un aspetto delle variegate forme di culto della personalità, come già quella berlusconiana rappresentata dal famoso motto Menomale che Silvio c’è, anch’essa si sta attrezzando di elementi da aggiungere a quelli già noti del modello  Meloni-donna, Meloni-madre, Meloni-cristiana.  

Di strategia diversiva messa a punto e attuata al fine di celare i reali problemi del Paese – povertà, ineguaglianze sociali, mancanza di lavoro e di sicurezza nel lavoro etc.-  e le relazioni critiche con l’Europa.

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