BANDO ALLE CIANCE Preso il boss lo Stato deve recuperare subito il patrimonio
Il fatto che fino ad ora gli investigatori abbiano trovato abiti griffati, gioielli, preservativi, profumi costosi e viagra serve ad alimentare un gossip morboso, utile forse a fare aumentare la tiratura dei giornali. Invece la stima di oltre 4 miliardi del patrimonio del padrino della mafia è solo un calcolo fatto grazie alla somma dei sequestri e delle confische fatte ai prestanome. Ma quantificare il patrimonio riconducibile a Matteo Messina Denaro è un’operazione inevitabilmente difficile. Perché la ramificazione degli interessi economici è tale da delineare una ragnatela che in parte, non si sa quanto consistente, è ancora sconosciuta. Tuttavia è necessario e urgente che gli investigatori si muovano per fare una ricognizione ed una acquisizione di questo patrimonio che deve andare al più presto nelle Casse dello Stato che ha visto i suoi servitori morire per difenderci dalla criminalità mafiosa. Quindi bando alle tentazioni di fare, sotto l’emozione del momento particolare, del divismo giudiziario, c’è da lavorare sui soldi del padrino che, come in altri casi, rischiano di evaporare e alla collettività resterà tanto clamore e solo un boss malato che non parla e che, giustamente, deve essere curato e mantenuto come si deve. Ma i “piccioli”, il maltolto, il frutto macchiato di sangue di trenta anni di attività criminale, non è forse giusto che vengano recuperati fino all’ultimo centesimo? 4 miliardi, se la stima è giusta, sono circa 8 mila miliardi di vecchie lire per chi pensa all’antica, una cifra immensa, un quarto di manovra finanziaria per intenderci, che non può rimanere nelle mani di eventuali “compari” che, rimasti liberi e incensurati, potrebbero continuare o ad alimentare attività illecite. In tal caso la cattura di Messina Denaro sarebbe una vittoria di Pirro contro la mafia. Giovanni Frazzica