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De Luca: Meloni con questo regionalismo rompe l’unità nazionale

Autonomia, De Luca: “Meloni con questo regionalismo rompe l’unità nazionale e tradisce il Sud” di Conchita Sannnino, la Repubblica

Il governatore della Campania Vincenzo De Luca durante la conferenza stampa nella sala Giunta dove ha criticato il disegno di legge sull'Autonomia differenziata

L’intervista al governatore dem della Campania: “È una riforma affrettata, propagandistica e pericolosa. Spacca l’Italia nei servizi per la salute e la scuola”

NAPOLI – “Affrettata, propagandistica. E molto pericolosa”. Ecco com’è, per il governatore della Campania, il sulfureo Vincenzo De Luca, l’idea di Autonomia differenziata portata avanti dal governo Meloni.

Ha tre motivi per cui la bozza Calderoli sarebbe irricevibile?
“Gliene indico quattro. Riduce a zero il ruolo del Parlamento e del Mef nella valutazione delle intese; non assume come pregiudiziale la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e quindi dei costi standard, prorogando di fatto la spesa storica; spacca l’Italia nei servizi per la salute e per la scuola; e ignora il dovere di definire prioritariamente il fondo di perequazione per il Sud stabilito dall’articolo 119 della Costituzione”.

Il ministro Lollobrigida ha appena detto che Autonomia e Presidenzialismo andranno avanti insieme.
“Parole a ruota libera…”


Dietro quel vincolo c’è il reciproco ricatto?
“Ma non possono andare insieme. Sono temi del tutto distinti, che vengono ridotti a politica politicante e a ricatti, certo, fra ‘alleat'”. Si rischia di terremotare l’organizzazione dello Stato e l’equilibrio dei poteri”.

La premier sottovaluta i rischi di rottura della coesione? O antepone i voti dell’alleato leghista al Paese?
“Mi auguro che chi parla di Nazione e di Patria comprenda il rischio di rottura dell’unità nazionale e di tradimento della gente del Sud. La più grande emergenza del Paese è il calo demografico drammatico, e la migrazione biblica dal Mezzogiorno al Nord di giovani, per il 40% laureati. La soluzione di questo problema dovrebbe essere il principale dovere patriottico. Altro che questo genere di regionalismo”.

Se siamo arrivati a tanto, è anche colpa delle inefficienze del Sud.
“Su questo è indispensabile una operazione-verità. Di certo, tanti fondi europei sono stati sprecati. Ha pesato una enorme debolezza delle macchine amministrative e delle competenze progettuali. Per il resto, il Sud ha ricevuto ben poco. Il meccanismo della spesa storica lo ha messo in ginocchio”.

E la Sanità? Miliardi di risorse e spesso servizi non all’altezza.
“Sulla Sanità, vi sono state gestioni clientelari e spartitorie, con l’accumulo di debiti e inefficienze. Si sono avuti i commissariamenti, senza peraltro controllo rigoroso da parte dello Stato centrale. Per il resto, la Campania ha ricevuto, nel riparto del Fondo sanitario nazionale, la quota più bassa d’Italia (una perdita, ogni anno, di 250 milioni). E nonostante tutto, abbiamo affrontato in modo eccellente la sfida del Covid”.


Ma si “emigra” ancora verso il Nord per curarsi.
“Abbiamo avuto nel passato prove clamorose di cialtroneria istituzionale e clientelismo. Negli ultimi anni, tranne eccezioni, sono emerse classi dirigenti impegnate e competenti, che hanno fatto i conti con le eredità del passato”.

Quindi non è solo l’Autonomia secessionista il nemico.
“No, il pulcinellismo è il principale nemico del Sud. Chi non si misura con la sfida dell’efficienza può essere abbandonato al suo destino”.

Il Pd ha sempre evitato fin qui di parlare di Autonomia. La scelta di non inimicarsi il Nord ha pagato?
“La rincorsa alla Lega è stata sbagliata e improduttiva. Non si è recuperato un solo voto; si è rinunciato al meridionalismo serio; si son persi anima e carattere nazionale del Pd. Non abbiamo avuto il coraggio di proporre un Piano per il lavoro per i giovani del Sud. Un Piano straordinario di assunzioni nella pubblica amministrazione per 300mila giovani, a copertura dei vuoti delle piante organiche. Né si è decisa una misura straordinaria, semplice e a tempo indeterminato di fiscalizzazione totale di oneri sociali, per chi investe nel Sud”.

Ora il governatore Bonaccini, in passato molto vicino alle idee di Autonomia di Zaia e Fontana, potrebbe diventare segretario. Lei lo voterebbe?
(Occhi al cielo). “Valuterò il da farsi nei prossimi giorni. Ma mi lasci dire che quello che è avvenuto nel Pd in questi due mesi, è sconcertante. Tutti i responsabili della gestione di questo decennio sono gli stessi che in questi giorni si agitano per strategie congressuali. È semplicemente vergognoso”.


Lei scaglia la prima pietra? Conosce bene quelle strategie.
“Ma a parte Letta, nessuno ha avuto la dignità di mettersi da parte. Il Pd è ridotto al 16%, e tutti i notabili e capicorrente parlano come se nulla fosse, trasmettendo soltanto un’immagine di presunzione insopportabile e di nullità politica. La crisi del Pd è la mancanza di proposte chiare, e la sua trasformazione in un aggregato di correnti e sottocorrenti, con gruppi dirigenti fatti – tranne qualche eccezione – di anime morte, selezionate per meriti correntizi, del tutto privi di radici nei territori”.


Nel Pd, sull’Autonomia, la linea è quella di Boccia o di Bonaccini?
“Per la prima volta, il Pd ha assunto una posizione nazionale chiara e unitaria. Ma non basterà, se ci si presenta con l’immagine imbarazzante che stiamo offrendo ora. Penso che tutti noi dobbiamo aderire a quella linea. Perché, lei dubita di Bonaccini?”.


Non è stato più chiaro Conte che, come leader 5S, ha puntato contro il regionalismo sovranista?
“In Italia dobbiamo decidere se il trasformismo è diventato un valore o se, come io continuo a ritenere, una pratica degenerativa”.

Conte sarebbe solo furbo?
“Conte ha compiuto una scelta di puro interesse di partito. Dopo aver votato tutti i provvedimenti del governo Draghi, ha fatto l’operazione di plastica politica per ricostruire la sua verginità. Per la prossima fase, sarà bene concentrarsi sui vuoti di programma e di iniziativa del Pd più che sulla ricerca di alleanze”.

Lei è sempre convinto di puntare al terzo mandato?
“Io sono sulla linea del Veneto”.

A Zaia contesta tutta l’Autonomia ma non la sua terza elezione.
“Zaia sta esercitando il suo terzo mandato nella pace più evangelica e nella serenità universale”.

E come se l’immagina il Sud dopo la cura Meloni?
“Non mi è chiara la cura Meloni. Se la ricetta è quella di Calderoli, il Sud è morto”.

  • tratto da la Repubblica

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