Giustizia è fatta dopo sei anni per un caduto sul lavoro di Giovanni Frazzica
In questi giorni numerosi casi di incidenti mortali riportano alla ribalta il tema della sicurezza sul lavoro. Dal Tribunale di Messina giunge l’epilogo di una storia avvenuta nell’ormai lontano 25 febbraio 2015, allorchè l’operaio Vincenzo Di Stefano perdeva la vita in un incidente sul lavoro verificatosi in un locale della ditta Cundari in contrada Trappitello, frazione di Taormina. Di Stefano era stato incaricato di effettuare un sopralluogo sul tetto di un capannone della Ditta, propedeutico alla rimozione di un notevole quantitativo di polvere lavica che causava danni. Non sarebbe stato compito dell’autotrasportatore Di Stefano svolgere questo lavoro, ne era attrezzato per farlo, in più il tetto in plexigas non ha retto il suo peso, per cui si verificò una frattura del solaio, il crollo, un volo di sei metri e la morte del lavoratore. La sentenza di condanna primo grado della Ditta proprietaria dell’immobile in cui è avvenuto l’incidente fa si che la vedova possa dire: “Questa sentenza è stata per noi un sollievo, nessuno ci ridarà mai Vincenzo, ma il processo è stata un’agonia, si è cercato di dire cose che non stavano né in cielo né in terra, poi la verità e venuta fuori. E’ una sentenza che fa giustizia al lavoro di una vita di mio marito ed è giustizia per tutti gli operai, troppo spesso abbandonati all’insicurezza e sacrificati al profitto, che come mio marito escono di casa tutti i giorni per ritornare con giusto e invece rischiano la morte”. In effetti l’avv. di parte civile, Giuseppe Trimarchi, ha avuto modo di dimostrare, anche in contradditorio con i legali dell’Azienda, che in realtà il sig. Di Stefano era stato incaricato non solo per fare il sopralluogo, ma anche per rimuovere materialmente la polvere di lava, lavoro già eseguito in precedenza, come ammesso nel corso di una drammatica testimonianza da Giuseppe Di Stefano, il figlio della vittima, che ha raccontato piangendo che l’anno precedente alla disgrazia che anche lui e lo zio Vincenzo avevano lavorato alla pulizia del tetto di quel capannone. A conclusione di una lunga fase processuale, rallentata anche dalla pandemia, il Tribunale di Messina, 2° Sezione Penale, Giudice D.ssa Misale, ha depositato la sentenza con cui ha riconosciuto, dopo sei anni, i diritti della famiglia Di Stefano, comprensivi della concessione di un risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite: Concetta Franco (vedova) e Maria Di Stefano, Serena Di Stefano, Vittoria Di Stefano e Nunzio Di Stefano (figli) e di una provisionale a Giuseppe Di Stefano di € 20.000, estesa anche a tutte le parti civili.
- tratto dal settimanale I VESPRI