Cultura Siracusa

Siracusa, Carducci poeta e grande italiano

Siracusa, Giosuè Carducci fu anche un Massone e questa scelta gli è costata, specie negli ultimi decenni una certa velata Damnatio memoriae del prof. Luigi Amato, Libertà Sicilia.it

Nella triste deriva del mondo contemporaneo dove si vuole cancellare la Storia e si abbattono le statue, dove si recidono le radici plurimillenarie della nostra civiltà l’ignoranza progredisce e diventa sostegno del politicamente corretto e della contemporanea religione del cretinismo.

La progressiva dissoluzione ad Occidente dei sistemi formativi cancella straordinari personaggi del passato. Noi, per quanto possiamo ci metteremo una pezza, ricordandoli ad una società di smemorati obnubilati da scellerati format televisivi. Uno dei personaggi di cui parleremo è stato Giosuè Carducci.

Giosuè Carducci è stato il più grande rappresentante della nuova poesia italiana di fine Ottocento. Egli volle restituire dignità alla poesia italiana, indebolita dalle imitazioni dei poeti stranieri. Per fare questo cercò di educare moralmente attraverso l’arte. Le letture di Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi stimolarono in lui il culto per le tradizioni e per gli ideali classici; la sua poetica omaggia infatti la tradizione greca, romana e il Rinascimento italiano.

Il risultato è una poesia alta, solenne, ma anche a noi famigliare, intrisa di sentimenti delicati, che rivela affetti e sofferenze attraverso l’alternarsi di paesi soleggiati e lunari malinconie.

…Tra le rossastre nubi
Stormi d’uccelli neri,
Com’esuli pensieri,
Nel vespero migrar…

Carducci fu anche un Massone e questa scelta gli è costata specie negli ultimi decenni una certa velata Damnatio memoriae. Non si conosce la data precisa dell’iniziazione di Giosue Carducci alla massoneria, e a tale proposito, sono state formulate svariate ipotesi che è possibile esporre in ordine cronologico. Dopo la morte del poeta, è stato scritto e pubblicato che l’iniziazione del Carducci risaliva all’anno 1862, nella loggia Galvani di Bologna. Così sostengono, inter alios, la Rivista Massonica del 15 febbraio 1907, il Fratello Grande Oratore G. Albano, autore della commemorazione fatta dal Grande Oriente e dalle logge di Roma il 10 marzo dello stesso anno, l’Albo Carducciano, compilato da Fumagalli e da Salveraglio, nonchè la rivista massonica Acacia.

Romeo Monari, nel suo Ricordando Giosue Carducci, osserva che il poeta afferma di essere stato fuori da ogni associazione segreta o no sino al 1860, e crede di vedere implicitamente ammessa in questa affermazione la sua appartenenza a tali associazioni non molto dopo il 1860. Ritiene pertanto che, per i riferimenti di respiro massonico, l’ode Dopo Aspromonte, composta nel 1862, sia stata letta nell’agape rituale susseguente alla sua iniziazione. L’iniziazione, quindi, secondo il Monari, sarebbe avvenuta a Bologna in una delle due logge petroniane di quel periodo, la Concordia Umanitaria e la Severa. Criticando la precedente tesi, ricorda che la loggia Galvani era sorta nel 1864 dalla fusione di queste due e che, nell’accurato elenco dei suoi iscritti, non figurava il nome di Carducci.

La tesi del Monari venne poi ripresa dalla Rivista del Supremo Consiglio dei 33, Lux, n. 2, 1925, ed è condivisa anche da Alessandro Luzio, nel suo La Massoneria e il Risorgimento italiano. Nella rivista Lux (il n. 5 del medesimo anno), si legge invece che un vecchio massone bolognese, Salomone Sanguinetti, dopo aver narrato i particolari della fondazione di una loggia in Bologna nel 1860, dichiarava di ricordare che egli stesso non prima del 1862, ricoprendo la carica di cerimoniere nella loggia Galvani, aveva introdotto il Carducci per l’iniziazione nel Tempio dell’officina. Questa testimonianza confermerebbe la prima teoria esposta, incorrendo nelle critiche del Monari. Un’altra tesi è sostenuta nell’Edizione Nazionale delle Opere del Carducci (1940). Questa si basa sul ritrovamento in una piccola agenda, conservata a Casa Carducci, delle seguenti note autografe del poeta: Mi feci associare ai F. e fui fatto M. e segretario provvisorio (22 febbraio 1866), Andai alla loggia Felsinea. Pagai d’entrata, come Maestro lire 30, e 5 in acconto (1 marzo 1866). Complessa è la sua storia massonica che si interseca con le vicende dell’Istituzione. Nel 1886, su invito di Lemmi, divenuto Capo Supremo dell’Ordine, venne affiliato alla loggia Nazionale-Propaganda Massonica.

Tale officina, con sede a Roma, era stata istituita per dare affiliazione regolare a quei massoni che faticavano a frequentare i lavori nelle officine delle città di residenza. Successivamente il Carducci fu investito del supremo grado 33 del Rito Scozzese Antico ed Accettato, e chiamato a far parte del Supremo Consiglio dei 33. Dopo la fondazione, nel 1866, della loggia VIII Agosto di Bologna, ne venne fatto membro onorario, e partecipò a qualche sua adunanza. Dal 1868 al 1886, pur non risultando iscritto ad officine bolognesi sotto l’obbedienza del Grande Oriente, il Carducci ebbe comunque diversi contatti con esse, come risulta dai verbali in cui si registrano inviti al poeta a tenere conferenze o commemorazioni. Quel periodo, in cui si susseguirono svariate Assemblee costituenti allo scopo di dare assetto unitario alla massoneria italiana, fu caratterizzato da contatti e riconoscimenti reciproci tra massoni di varie obbedienze, e ciò può spiegare forse i ripetuti inviti rivolti al Carducci e ad altri fratelli non ancora rientrati ufficialmente nel Grande Oriente d’Italia, ma nemmeno in sonno.

Il Carducci risulta infatti tra i fratelli visitatori all’inaugurazione dei locali nel Palazzo del Podestà del Tempio della Loggia Rizzoli, nel 1883. Durante lo stesso anno, la loggia La Ragione di Milano fece pressanti richieste affinchè il poeta tenesse a Milano una conferenza su Garibaldi, ma sempre invano. Del 1884 fu la proposta di erigere un monumento in onore del fratello Ugo Bassi, valoroso martire della libertà, e Giosue Carducci venne scelto per redigere il manifesto pubblico, che fu però compilato da Aurelio Saffi, erede politico e culturale di Mazzini e dell’abate Rosmini e anche triumviro della Repubblica Romana, e pubblicato alla fine del 1885.

Il poeta toscano scrisse allora un’epigrafe tutt’altro che d’occasione a perenne memento di quel barnabita coraggioso e militante: Cittadino italiano e sacerdote di Cristo/ cadeva/ fucilato dalle milizie dell’imperatore austriaco/ per sentenza della fazione signoreggiante nel nome del pontefice romano. Nel febbraio del 1885 venne poi commemorato Federico Campanella, patriota e riorganizzatore della famiglia massonica italiana. Per la celebrazione erano stati interpellati anche Saffi e Carducci, che tuttavia declinarono l’invito. Nel 1886, ancora, si ebbe la solenne inaugurazione del Tempio della loggia VIII Agosto nel Palazzo del Podestà. Tra gli altri, intervennero Aurelio Saffi e Giosue Carducci, che furono proclamati membri onorari dell’officina. Fondamentale fu poi il ruolo del poeta nell’avviare alla massoneria un altro grande della letteratura italiana: Giovanni Pascoli. è la promessa rituale scritta dallo stesso Pascoli – documento proveniente dall’archivio dell’avvocato Ugo Lenzi di Bologna – ad attestare che, quanto meno per breve tempo, egli fu affiliato alla Massoneria.

Carducci sommo poeta fu anche premio Nobel a testimonianza della dimensione internazionale della sua poesia. Due generazioni e due poetiche si trovarono a confronto l’11 aprile 1901; Gabriele D’Annunzio era giunto a Bologna per la rappresentazione della sua Francesca da Rimini, in programma al Comunale. Per l’occasione il pescarese e Carducci si incontrarono nella redazione de Il Resto del Carlino dove fu allestito un sontuoso banchetto e i due mangiarono insieme. La famosa scena fu immortalata da una caricatura del celebre pittore locale Nasica (pseudonimo di Augusto Majani), che era solito rappresentare nei propri bozzetti i momenti più significativi della vita cittadina. Carducci aveva intanto mantenuto la propria fedeltà nei riguardi di casa Savoia( che gli era costato molte critiche), e il rapporto con la regina era sempre rimasto cordiale, al punto che Margherita acquistò nel 1902 la biblioteca privata dello scrittore, lasciandogliene tuttavia l’utilizzo. Nel 1904 fu costretto a lasciare l’insegnamento per motivi di salute.

L’impegno svolto gli valse la stessa pensione che fu data nel 1859 al Manzoni. Gli succedette Giovanni Pascoli. Nel 1906 l’Accademia Svedese gli conferì, come dicevamo prima, il Premio Nobel per la letteratura, ma il poeta, già ammalato, non si recò a Stoccolma, limitandosi a ricevere in casa propria l’ambasciatore di Svezia in Italia. – segnalato da Libertà Sicilia.it

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