Ormai è chiaro. Renzi fa sul serio. Le nuvole che si erano addensate sulla testa del Presidente del Consiglio nei giorni scorsi stanno per scaricare tutta la loro carica di pioggia.
Il governo ha le ore contate. Già il 7 gennaio l’ex segretario del PD e premier Matteo Renzi potrebbe annunciare il ritiro della propria pattuglietta di ministri dall’esecutivo.
E nonostante che a noi Renzi non piaccia, bisogna ammettere che su questa vicenda ha ragione da vendere.
Nei mesi scorsi Giuseppe Conte era riuscito a costruirsi una immagine molto positiva, tanto che molte rilevazioni demoscopiche lo indicavano come l’uomo politico più gradito agli italiani.
In effetti, la gestione della prima fase della pandemia gli aveva dato qualche vantaggio. La gravità della situazione gli permetteva di essere sempre in TV a mostrare il sangue freddo che comunque gli va riconosciuto. Il dibattito politico era forzatamente silenziato dalla contingenza e questo gli aveva permesso di conquistarsi le simpatie dei più.
Ma poi qualcosa si è rotto. Chi può saperlo? Probabilmente il premier Conte ci ha preso gusto a governare a via di decreti presidenziali ed ha pensato che quel metodo, dettato dall’emergenza, fosse buono per tutte le stagioni e per tutte le materie. E così, dopo il taglio dei parlamentari imposto dalla squallida retorica grillina, pensava che i soldi risparmiati potessero essere allegramente utilizzati per pagare schiere di tecnici nominati da lui personalmente; o che la sicurezza del Paese potesse essere affidata ad una fondazione di diritto privato, come se i servizi segreti fossero esternalizzabili come la pulizia dei cessi a Palazzo Chigi. Tutto questo in perfetta sintonia con l’idea farneticante di democrazia che hanno Casaleggio, Grillo e i loro squinternati epigoni.
Forse alla Casaleggio pensavano che finalmente si fosse realizzato il sogno del duce di trasformare l’aula sorda e grigia di Montecitorio in un bivacco per propri manipoli.
Ma evidentemente non avevano fatto i conti con quella sfera dell’attività umana che si chiama “politica” e così si sono trovati la strada sbarrata da chi, probabilmente, ha ancora qualche guizzo di genio politico, e cioè quel Matteo Renzi di cui sopra.
E forse Conte ha anche pensato che, anche se il governo cadesse, probabilmente toccherebbe ancora a lui formare il nuovo esecutivo, tenuto conto che la prospettiva delle elezioni non piace a nessuno, nemmeno a Renzi il quale, dal voto, avrebbe solo da perdere. Conte era già tornato dopo il primo tentativo fallito e intervallato dalla fugace esperienza di Cottarelli. E’ tornato dopo la caduta del tragicomico governo con la Lega e, probabilmente, nella sua testa c’è l’idea che tornerà ancora una volta, come una sorta di messia del quale non si può fare a meno. Ma la politica non è una scienza esatta e può capitare che a volte i Conte non tornano.