Proposta di studio e di dibattito per un’analisi socio-politica relativa ad una idea per un nuovo percorso culturale di Nino Quartarone
I nostri Padri costituzionali hanno commesso una imperdonabile distrazione: non hanno considerato la “debolezza umana”, credendo che tutti fossero portatori di virtù.
Ormai da svariati lustri il nostro Paese vive una falsa ed ipocrita democrazia, dibattendosi nella più assoluta confusione politica e sociale. L’esorbitante proliferazione delle leggi che produce disorientamento giudiziario; l’esagerata burocratizzazione; la vergognosa legalizzazione delle speculazioni e dei privilegi; il “pilotato” esercizio del controllo, l’eccessiva ed iniqua imposizione fiscale e le intollerabili sperequazioni; etc, etc,..; hanno tolto libertà, serenità e fiducia alla grande maggioranza dei Cittadini.
Viviamo in pieno regime poliarchico, sinonimo di caos ed anarchia.
I cittadini rappresentanti del popolo, con disonestà intellettuale, per concretizzare quella materiale, nell’approvare le varie leggi elettorali, succedutesi nel tempo, non hanno mai tenuto in debita considerazione il concetto culturale di Sovranità, ritenendo, ad arte, che la sovranità del popolo si trasferisse, all’atto del conferimento della rappresentanza parlamentare – “senza vincolo di mandato”-, in capo al Parlamento e agli organi dell’apparato istituzionale, considerando lo Stato, non come apparato organizzativo di mero servizio, ma come organismo supremo autoritario avente potere e forza coattiva, per costringere i cittadini, “sudditi”, all’obbedienza.
Ecco il perché questi “opportunisti” rappresentanti, usurpatori della sovranità popolare, atteggiandosi da… “principi”, si affaticano e confliggono tra loro per trovare ed imporre una legge elettorale, definendola ipocritamente democratica, che sia conforme ai loro interessi.
Trascendere la sovranità del popolo significa approfittare dello status di rappresentante per sovvertire la forma democratica
Tutto ciò favorisce la corruzione in ogni dove.
I nostri Padri costituenti, il 27.12.1947, nel legittimare il Popolo come il Sovrano della nascente Repubblica, hanno introdotto la democrazia come forma di governo abolendo, implicitamente, il concetto di supremazia e di dominio, insito nel termine di sovranità.
Il Popolo è Sovrano, il Popolo è l’insieme dei cittadini, ogni Cittadino è sovrano.
Una sovranità collettiva, reale ed ideale al tempo stesso, che equivale ad affermare “tutti sovrani e nessun sovrano”, così come si può affermare che nessuna persona fisica né tanto meno una persona giuridica può, per se, appropriarsi della sovranità, “che sarà esercitata (dal popolo) nelle forme stabilite e nei limiti imposte dalla legge” (Cost.).
E la Sovranità del singolo cittadino si traduce nel godimento del Diritto Naturale alla Vita, diritto “che sta a fondamento di tutte le altre leggi poiché esprime il giusto per eccellenza (Morselli)” e da cui discendono quei diritti inalienabili quali la scuola, il lavoro, la casa e la salute connessi ai principi e ai valori di solidarietà, di libertà di uguaglianza e d’equità. Ogni singolo cittadino, quindi, ha il dovere di partecipare e contribuire, secondo le proprie attitudini e vocazione, alla crescita e al benessere della Società nel rispetto delle proprie competenze e nel rispetto dell’altrui libertà.
Con questa nuova architettura socio-politica e con questa nuova visione del concetto di sovranità, di fatto, si dà risalto alla Legge Costituzionale, come suprema ordinatrice delle eterogenee volontà del popolo, affermando il principio che le leggi parlamentari o governative, che regolano gli interessi, i comportamenti e i rapporti umani, in genere, siano, per essere considerate tali, emanate conforme ai valori e ai principi costituzionali.
La democrazia, opera dell’uomo, non può durare per sempre, bisogna che la si rinnovi, per difenderla dall’uomo che, per sua natura, tende a ripristinare l’atavica cultura del “dominio”.
In questi ultimi quattordici/quindici lustri di vita repubblicana, la forma democratica, nel nostro Paese, ha subito, dalla sua istituzione fino all’anno 1994, sensibili mutamenti. Si è assistito al periodo della ricostruzione post-bellica, al periodo del benessere economico e a quello dei violenti scontri generazionali che spianarono la via all’attuale periodo, comunemente indentificato come seconda Repubblica, portatore di un nuovo progetto di democrazia che si è rivelato oltremodo perdente.
Che fare ?
Bisogna dare inizio ad una rivisitazione culturale per rinnovare la Democrazia, in una terza Repubblica. Il cammino sarà lungo ma non arduo se si ha la volontà e l’onestà intellettuale di intraprenderlo.
E come ?
Iniziare ad educare ed educarci ad avere una nuova coscienza sociale che abbia, come bagaglio culturale, la consapevolezza di essere parte integrante della società.
Contribuire al miglioramento e al mantenimento del benessere sociale dovrebbe essere comune sentire per tutti coloro che, avendo “amor proprio”, tengono al rispetto delle loro dignità.
Che i fondamentali principi socio-culturali “dell’agire per dovere”, “della libertà responsabile” e “dell’esercizio del controllo”, dovrebbero essere, per ognuno, guida per il raggiungimento dello scopo.
Analizzare e riflettere sul significato del termine “potere” e sostituirlo con il termine “dovere” per entrare in una diversa ottica culturale.
Considerare e seguire i valori dell’equità, della giustizia e della libertà, intesa questa soprattutto come “affrancamento dal bisogno”
Ma non basta.
Bisogna essere propositivi e concreti perché con la concretezza e la proponibilità si può dar inizio al cammino del rinnovamento.
La nostra Costituzione ci indica la strada.
Gli articoli 50, 71-c.2, e il 118 (rinnovato) danno ai Cittadini la possibilità di partecipare alla vita politica del Paese, indipendentemente dai suoi rappresentanti. Per una democrazia partecipativa, a prescindere dal principio di sussidiarietà, più o meno applicato da associazioni di volontariato, basterebbe dare alle petizioni, di cui all’articolo 50, e alle proposte, di cui all’articolo 71-c.2, quella giusta dignità che meritano attraverso un’apposita norma regolamentare che dia loro il carattere d’urgenza (art. 71-c.3 della cost.).
E poi, e soprattutto, proporre una legge elettorale che, in linea con i valori ed i principi della nostra Legge Costituzionale, dia dignità e risalto alle volontà del Popolo, nessune escluse. Una legge che non può non tener conto, nel suo insieme, di tutte le manifestazioni di volontà dell’elettorato attivo, che non può ignorare quella parte del popolo che, pur non recandosi alle urne, manifesta comunque, anche se tacitamente, una sua volontà, volontà che è giusto e democratico prendere in debita considerazione.
Ed eco la proposta di Legge Elettorale Pluralista
Un’ assemblea eterogenea di Cittadini, sia per carattere, cultura, educazione e istruzione, sia per ideologia e religione, statuisce, concordemente e con saggezza, come forma di governo, la democrazia e con atto di “suprema unanime volontà leggittimatrice”, designa il Popolo ad essere il Sovrano di questo Paese.
Una Sovranità collettiva, sostanzialmente inscindibile ma formalmente divisibile, per cui la democrazia non può non essere pluralista. “ogni cittadino è, al tempo stesso, sovrano e suddito nei diritti e nei doveri, ed ogni Cittadino è al servizio e alla difesa del Cittadino”,
“Non esiste dunque Sovranità di diritto alcuno; esiste una Sovranità dello scopo e degli atti che vi s’accostano. Gli atti e lo scopo verso cui camminano devono essere sottomessi al giudizio di tutti. Non v’è dunque né può esservi sovranità permanente. Quella istituzione che si chiama Governo non è se non una Direzione, una missione affidata ad alcuni per raggiungere più sollecitamente lo scopo della Nazione; e se quella missione è tradita, il potere di direzione affidato a quei pochi deve cessare.
Ogni uomo chiamato al Governo è un amministratore del pensiero comune; deve essere eletto, e sottomesso a revoca ogni qualvolta lo fraintenda o lo combatta deliberatamente. Non può esistere dunque, ripeto, casta o famiglia che ottenga il Potere per diritto proprio, senza violazione della vostra libertà”. (G. Mazzini)
La democrazia pluralista, quindi, basa la sua architettura, sociale e politica, sull’equità e sul rispetto delle diverse “volontà” del Popolo, ed afferma un principio ordinatore che imprime, unitamente ad una conforme organizzazione, il carattere della “giuridicità” alla Società, il cui fine è il soddisfacimento e la tutela degli interessi generali e collettivi, primari ed assoluti rispetto agli interessi privati o di gruppo che, spesso, sono espressioni di egoismo e cause di disuguaglianze.
E’ con Legge elettorale che, dando risalto alla Sovranità collettiva e alla sua Democrazia pluralista, si realizza il principio dell’uguaglianza politica, tra i Cittadini.
La legge, quindi, non può non considerare, nel suo insieme, tutte le manifestazioni di volontà dell’elettorato attivo; non può ignorare, quella parte del Popolo che, non recandosi alle urne, “manifesta”, comunque, anche se tacitamente, una sua volontà.
Le motivazioni dell’astensione o delle dichiarazioni di dissenso, inserite nell’urna elettorale, sono molteplici e di diversa natura:
1) perdita di fiducia nella politica;
2) indignazione, rabbia o rassegnazione;
3) ignavia ed ignoranza;
4) disinteresse assoluto alla politica, nella considerazione che: l’uno vale l’altro;
5) il non sentirsi rappresentato da nessuno dei candidati;
6) impedimento a recarsi alle urne.
Questa “silenziosa” parte dell’elettorato attivo ha il diritto, in quanto, anch’essa Sovrana, ad essere rappresentata e “partecipare”, con appropriata formula, alla vita politica del Paese.
Una Legge elettorale che emargina o non considera la volontà di una parte dell’elettorato è una legge, chiaramente, anti-costituzionale.
Pertanto la legge elettorale, per dirsi giusta, dovrebbe disporre, con giovevole e benefica “presunzione politica”, sorretta dal buon senso e dal rispetto e con logica e razionalità, la suddivisione della percentuale dei non votanti, unitamente a quella delle schede nulle e bianche, nel seguente modo:
“il 60%, (o altra percentuale, anche per garantirne la governabilità) espressione dell’ignavia e del disinteresse, viene assegnata, con i relativi seggi, al partito di maggioranza relativa, che avrà l’onere di governare.
Il 40% (o la rimanente percentuale) attribuita agli scontenti e agli sfiduciati, assegnando i relativi seggi a professionisti scelti tra economisti, costituzionalisti, cassazionisti, e etc. etc.
Questo 40%, che rappresenterebbe, tra virgolette, il popolo degli astenuti, darebbe vita ad una nuova figura di parlamentare: il “censore” o il “garante” parlamentare.
Questi, che non dovranno avere connivenza con movimenti o partiti politici, verranno inseriti in un apposito “albo” (costituito con apposito regolamento, che ne stabilirà i criteri e che sarà custodito presso l’ufficio della presidenza della Repubblica ed aggiornato ogni cinque anni), e scelti, da una commissione presieduta dal Presidente della repubblica, e da Questo nominati.
I censori parlamentari, “con vincolo di funzione” per essere rappresentanti del “popolo silenzioso”, avranno il diritto alla parola e no di voto. Costituiranno una “consulta parlamentare” con il compito di esprimere parere non vincolante sulla regolarità e sulla legittimità costituzionale delle leggi. Collaboreranno con il Presidente della Repubblica nella sua funzione di garante della Costituzione ed avranno il diritto-dovere di adire la Corte Costituzionale eccependo eccezioni di incostituzionalità, e, per gli impegni di spesa, la ragioneria dello Stato e la Corte dei conti.
Questa figura di parlamentare, garante dell’onorabilità, dovrebbe evitare che le leggi siano piegate ad interessi prettamente personali. Saranno, inoltre, l’espressione concreta della democrazia partecipativa, con il compito d’essere i referenti ed i relatori delle iniziative popolari, previste dalla Costituzione,
Il senatore a vita dovrebbe equiparato al censore parlamentare e dovrebbe far parte, anch’esso, della “consulta dei censori”.
In democrazia l’esercizio della politica è missione, un onore e un onere, no una professione.
Ad esempio: una proiezione che tiene in debita considerazione la reale percentuale dei consensi e non demagogicamente falsate come oggi accade.
Elettorato attivo 56.000 individui per 65 seggi.
56.000 diviso per 65 significa che per ogni 861,5 voti, scatta un seggio.
Votano 33.600 persone, pari al 60% dell’elettorato attivo a cui vanno 39 seggi
Non votano 22.400 persone, pari al 40% che tradotto in seggi fa 26.
Le percentuali: dei voti acquisiti dai singoli schieramenti, e quelle rapportate agli aventi diritto nella loro totalità:
< il numero dei voti acquisiti moltiplicato per 100 e diviso per il numero dei votanti > e <il numero dei voti acquisiti moltiplicato per 100 e diviso per il numero degli aventi diritto >.
Il partito A ottiene 11.500 voti, che corrispondono al 34,23 % dei votanti ed al 20,53% dell’elettorato attivo;
Il partito B 8.000 voti, che corrispondono al 23,80 % dei votanti ed al 14,38 dell’elettorato attivo;
Il partito C 6.100 voti, che corrispondono al 18,15 % dei votanti ed al 10,89 dell’elettorato attivo;
Il partito D 5.800 voti, che corrispondono al 17,26 % dei votanti ed al 10,35 dell’elettorato attivo;
Il partito E 2.200 voti, che corrispondono al 6,55 % dei votanti ed al 3,92 dell’elettorato attivo;
Il partito F 22.400 dei non votanti che corrispondono allo 0,00 ed al 40 % dell’elettorato attivo.
Distribuzione dei seggi:
Come sopra detto, 56.000 è il numero degli aventi diritto (elettorato attivo), che diviso per 65, che è il numero dei seggi da assegnare, significa che ogni seggio equivale a 861,5 voti.
I 39 seggi, numero determinato dalla percentuale del popolo dei votanti, verranno assegnati ai vari partiti sulla base dei voti da ognuno di essi acquisiti, divisi per il numero 861’5.
Ad A andranno 13,34 seggi; a B 9,28; a C 7,08 ; a D 6,73 ; a E 2,55
Il resto maggiore è di D e quindi andrà assegnato un ulteriore seggio, totale sette seggi e a E l’ulteriore ultimo seggio.
Il partito A, sulla scorta dei risultati, è il partito che ha riportato più consensi e quindi è partito di maggioranza relativa.Esso è legittimato a governare.
Ma c’è da considerare quei 26 seggi che, per mancanza di una esplicita espressione di voto, resterebbero vacati. Questi, verranno distribuiti sulla scorta delle considerazioni sopra esposte. Il 60% di questi al partito di maggioranza relativa e il rimanente alla consulta dei “censori”.